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SOMMARIO: IL VINO IN MESOPOTAMIA; L'ISOLA D'ALBIONE DIVENTA BRITANNIA; LE MISTURE NELL'ANTICHITA'; ENOTRIA COLONIA FONDATA DA ENOTRIO; LE LIBAGIONI SACRIFICALI; LA LEGGE DI NUMA POMPILIO; LA FESTA DI BUBASTI; L'ABDALA'.
La storia
del vino è antica....antichissima...tanto da confondersi
con le origini dell'umanità.
Le prime notizie sul vino non risalgono a Noè come si è
sempre ritenuto fino a tempi recentissimi, fino a quando in pratica
non si sono fatte nuove scoperte in Mesopotamia, abitata dal popolo
dei Sumeri, gli inventori della scrittura cuneiforme che influì
sul sorgere di altre scritture come l'egizia.
Tra le nuove scoperte è stato rinvenuto un inno che risale
al 4000 a. C. (quindi in epoca pre-biblica) composto in occasione
dell'inaugurazione del tempio di Enki ,dio della sapienza nella
città di Eridu:- Enki s'avvicinò alle provviste
delle bevande inebrianti, s'accostò al vino:
Vino nei vasi di bronzo versò;
Mischiò con generosità birra di spelta;
In una botte apposita,che la bevanda rende buona, mischiò;
La sua bocca con miele e datteri in parti (uguali) trattò;
Nel suo interno, miele, con generosità, sciolse in acqua
fresca;
Enki, al padre, in Nippur,
A suo padre Enlil ,pane diede a mangiare (preparò un banchetto)
An sedette al posto d'onore,
A fianco di An si pose Enlil;
Nintu sedette su una poltrona,
Gli Anunanki per ordine presero posto,
Gli inservienti offrono birra, preparano vino. .ecc.;
Goffredo di Monmouth
nella sua fantastica Storia dei Britanni, racconta che
dopo la distruzione di Troia (1240 a C.), Enea imbarcatosi con
il figlio Ascanio, raggiunse l'Italia. Quì Enea sposò
Lavinia figlia del re Latino. Dopo la sua morte il figlio di costoro,
Ascanio fu eletto re e fondò la città di Alba sulle
rive del Tevere. Ascanio generò un figlio che ebbe il nome
di Silvio. Questi a sua volta generò un figlio al quale
aveva imposto il nome di Bruto. Era stato vaticinato che Bruto
avrebbe provocato la morte della madre e del padre. Alla sua nascita
infatti, la madre morì di parto e fu affidato a una nutrice.
Avendo raggiunto l'età di quindici anni, Bruto, mentre
andava a caccia col padre, lo colpì con una freccia credendo
di mirare ad un cervo. I parenti lo bandirono e Bruto partì
per la Grecia Quì incontrò i discendenti di Eleno,
figlio di Priamo, che erano ridotti in schiavitù sotto
il re Pandraso.
Dopo l'uccisione di Achille da parte di Ettore, il figlio Pirro,
per vendicare la morte del padre, aveva trascinato in catene Eleno
e altri troiani. Bruto era riuscito a raccogliere tutti i troiani
e avendo preso prigioniero Pandraso aveva ottenuto in cambio della
libertà la figlia Ignonen, navi, oro, argento, vino e olio.
Imbarcatosi con i suoi dopo due giorni di navigazione approdò
all'isola di Leogecia dove avevano trovato un tempio dedicato
a Diana e una statua della dea che dava responsi. I compagni suggerirono
a Bruto di fare offerte alla dea per sapere quale sarebbe stata
la loro sede definitiva. E così Bruto, accompagnato dall'àugure
Gerione e da dodici anziani, portando con se tutto l'occorrente
per il sacrificio si recò al tempio.
Seguendo un rito antichissimo gli officianti si cinsero la fronte
con una benda, poi collocarono un focolare davanti a ciascuno
degli dei, cioè a Giove, Mercurio e Diana, e libarono davanti
alle loro are. In piedi di fronte alla statua di Diana, sorreggendo
con la mano destra un bacile colmo di vino sacrificale mischiato
con il sangue di una cerva bianca e con il capo eretto verso il
volto della statua, Bruto ruppe il silenzio con queste parole
Potente dea delle foreste, terrore dei cinghiali selvatici,
tu che hai il potere di trascorrere tra le orbite dei cieli
per le aule degli inferi, risolvi un caso di noi terrestri
e indicaci quale vuoi che andiamo ad abitare.
Indicaci una sede sicura e là sarai venerata in eterno;
là tra canti di vergini, ti saranno dedicati dei templi.
Ripeté queste parole per nove volte, e, per quattro
volte girò intorno all'ara versando il vino sul focolare.
Poi si prostrò sulla pelle di cerva che aveva disteso davanti
all'altare e infine, invocato il sonno si addormentò.
Era questa la terza ora della notte, quella in cui i mortali soccombono
al dolce riposo, quando gli sembrò di vedere la dea in
piedi davanti a sè e udire le sue parole:
Bruto, oltre il tramonto del sole, oltre i regni di Gallia
nell'Oceano c'è un'isola tutta cinta dal mare;
quell'isola dell'Oceano, un tempo abitata dai giganti,
ora è deserta e adatta alla tua gente.
Dirigiti verso di essa che sarà la tua sede perenne,
la nuova Troia della tua progenie.
Là nasceranno i sovrani discesi dal tuo lignaggio,
a loro tutta la terra sarà assoggettata.
Al suo risveglio, prosegue Goffredo, Bruto riunì
i compagni ai quali riferì il sogno; raggiunte quindi le
navi si imbarcarono e col vento favorevole raggiunsero prima l'Africa,
poi superate le colonne d'Ercole, costeggiando la parte atlantica
della Spagna raggiunsero la Gallia dove tra tante peripezie Bruto
fondò la città di Tours, dopo, arrivarono all'isola
che a quei tempi era chiamata Albione e quivi si stabilirono dopo
aver cacciato alcuni giganti. L'isola, prosegue ancora Goffredo,
prese da Bruto il nome di Britannia.
Goffredo per inquadrare questi avvenimenti nel tempo, precisa
che in quel tempo in Giudea regnava il sacerdote Eli (1115-1O35
a.C.); i Filistei si erano impossessati dell'Arca dell'Alleanza;
dopo la cacciata dei discendenti di Antenore, su Troia regnavano
i figli di Ettore e re d'Italia era Silvio figlio di Enea, terzo
re dei Latini.
Come abbiamo detto
gli stessi Sumeri che conoscevano vino e birra già avevano
provato a rendere queste bevande più inebrianti miscelandole
con datteri e miele. La tradizione era continuata anche nei secoli
successivi. Infatti, qualche millennio più tardi, in epoca
eroica, in Grecia, troviamo ancora questa usanza con il mulsum,
ce lo ricorda Omero il quale riferisce che Aristeo di Tracia (figlio
di Apollo e della ninfa Cirene) lo otteneva mescolando vino e
miele
Ai tempi di Ulisse si produceva il maroneo, che era servito
all'eroe per ubriacare il ciclope Polifemo. Questo maroneo
era un vino forte, indomabilmente austero, nero e profumato che
con l'invecchiamento diventava ancora più corposo. Sia
questo sia tutti gli altri vini erano allungati con l'acqua nella
misura di un sestario di vino e otto di acqua. I greci
ritenevano infatti che solo agli dei era consentito bere il vino
puro e non agli uomini che, per punizione sarebbero impazziti.
Occorreva in ogni caso allungarli, perchè il vino di quei
tempi era fortissimo e molto aspro e doveva essere necessariamente
diluito.
Alcuni vini invece che con acqua semplice, erano allungati con
acqua di mare. Lo si faceva con il clazomene (che aveva
preso il nome dalla omonima città di Lidia in Asia minore),
patria del filosofo Anassagora, (IV sec.a.C.) (1) e con il famoso
vino di Cos, che era allungato con acqua di mare che era presa
al largo. Si racconta che questa usanza sarebbe derivata dalle
bevute furtive di uno schiavo il quale colmava la misura di quello
rubato, aggiungendovi acqua di mare.
Il vino di Lesbo la famosa Lesbo dalle bianche case, aveva
invece sapore di mare naturale, in quanto assorbiva l'aria
di mare. E ancora, molto conosciuto era il vino di Efeso che era
trattato con acqua di mare e defrutum (vin cotto ottenuto
facendo bollire il mosto fino a ridurlo alla metà). Questo
defrutum in Italia si otteneva nella zona di Atri con il
pretuziano.
In Frigia con il vino di Apanea si otteneva il melato
Nell'antica Roma era diventata celebre l'annata <121>
(a.C.) in quanto quell'annata aveva avuto un sole splendente.
Questo vino era stato ritrovato duecento anni dopo ridotto però
a una sorta di miele amaro (il gusto amaro era la caratteristica
di tutti in vini invecchiati), ma fu utilizzato ugualmente in
piccole dosi con vini nuovi rendendoli diversi nel gusto e - ci
è stato riferito - di miglior qualità.
Il divino Augusto fra tutti i vini preferiva quello di Sezze (in
prossimità delle paludi Pontine) che era considerato un
forte digestivo. Questo vino seguiva per fama quelli dell'agro
di Falerno (Plinio lamenta che la loro rinomanza era in regresso...da
quando è in mano a gente che bada più alla quantità
che alla qualità!),di cui il più noto era il faustiniano
del quale esistevano tre qualità, il forte, il dolce
e il leggero.
I famosi vini Albani avevano come caratteristica la leggerezza
ed erano consigliati per i convalescenti
Quelli invece di Segni (sulla via Appia) erano fortemente
aspri, tanto che erano usati come astringenti per l'intestino.
Si cercava quindi di mitigare questi sapori forti, come abbiamo
visto, usando il defrutum oppure con altre soluzioni come
ad es. in Italia era usata la pece crapulana (resina trattata
con acqua calda o esposta al sole facendo evaporare l'olio essenziale);
in Africa si usava il gesso o la calce; in Grecia si usava l'argilla,
polvere di marmo, il sale o come abbiamo visto l'acqua di mare...e
Plinio lamentava che <con così numerose sofisticazioni
il vino è costretto a piacere> aggiungendo <poi
ci lamentiamo che faccia male>!
Vini dal sapore intermedio tra il vino normale e quello dolce
erano ottenuti arrestando la fermentazione mettendo il mosto in
orci messi a loro volta in acqua e lasciati lì fino al
solstizio d'inverno (21 dicembre). In questa categoria famoso
era il protopo che era una specie di Porto secco ottenuto
dal mosto di prima pigiatura, immediatamente imbottigliato e fatto
fermentare e cuocere al sole per quaranta giorni nell'estate successiva
.
Il miglior passito era ottenuto con uve messe a seccare per sette
giorni al sole su graticci in luogo riparato e protetto dall'umidità
della notte e pigiate all'ottavo giorno.
Il vino così ottenuto era profumato e di eccellente sapore.
Dobbiamo sfatare
la generale convinzione che il nome di Enotria dato all'Italia
nell'antichità, derivasse dal fatto che essa fosse ritenuta
terra del vino. Si tratta di un errore storico!. Per Enotria
era originariamente designata la parte della Lucania bagnata dal
Tirreno. I coloni greci che arrivarono nell'VIII sec. a.C. denominarono
Enotria tutta la parte meridionale della penisola. Il nome di
Enotria deriva invece da un personaggio, Enotro, il quale, a capo
di un gruppo di greci e di arcadi si trasferì in Italia,
sbarcando sulle coste della Calabria, dove fondò una colonia,
i cui abitanti da lui presero il nome di enotri.
Ciò avvenne (come ci riferisce Dionisio di Alicarnasso
(2) circa 150/200 anni prima della guerra di Troia.
Il termine di colonia usato per gli insediamenti greci
è errato perché quello di colonia presuppone
un rapporto di dipendenza con la madrepatria, che questi insediamenti
non avevano, sebbene mantenessero rapporti con le città
da cui erano partiti i fondatori.
Si verificava, infatti, che nelle città greche, certamente
per motivi di esuberanza della popolazione, invece di far espandere
la città, si formavano dei gruppi che decidevano di partire.
A capo del gruppo si metteva un nobile che lo guidava e, come
avevano fatto Enea ed altri, caricata una o più navi di
provviste e attrezzi, essi partivano. Gli insediamenti erano posti
normalmente lungo le coste e, quando vi era un fiume navigabile,
questi coloni lo risalivano fermandosi nei punti più ameni
e accessibili.