Rivista Storica Virtuale
LE OSCURE ORIGINI
DI ADOLF HITLER
a cura di
Michele E. Puglia
In una intervista organizzata
da un noto canale televisivo al ministro degli esteri russo Serghej Lavrov, ha suscitato
scalpore una sua risposto anzi, una parte della risposta, in cui il ministro
aveva detto che Hitler era ebreo; in
effetti lo scalpore doveva riguardare il resto della frase secondo la quale, “gli ebrei (e qui c’entrava Hitler!) si uccidono tra di loro” (ma è noto il
detto “fratelli coltelli”: da una
ricerca fatta diversi anni fa sul DNA dei palestinesi, israeliani e siriani era
risultato che le tre popolazioni avevano una ascendenza comune ndr.).
In ogni caso, la polemica è
derivata dalla circostanza che questa storia che Hitler avesse l’antenato ebreo,
non ha colto di sorpresa coloro che, come chi scrive, appartienne alla vecchia
generazione (diciamo, sia nato durante o subito dopo la seconda guerra mondiale,
fino all’anno di nascita del ministro intervistato, 1950), trattandosi di un
particolare noto, che è sempre circolato (e riportato nei libri di storia, come
vedremo fra poco); mentre ha colto di sorpresa quelli che appartengono alle
attuali nuove generazioni, ignare su questa circostanza.
Il fatto che Hitler avesse
avuto un nonno che si sospettava fosse stato innanzitutto il “suo vero
nonno”, per di più “ebreo” non è
una storiella inventata o una “bufala” come è stato detto, ma è una
circostanza storica, riportata nei libri di storia, in quanto era stata oggetto
nel processo di Norimberga (1945-46), della deposizione di un teste, parte del
processo.
Si trattava del nazista Hans
Frank, condannato alla impiccagione, il quale era stato legale di Hitler ed era
stato nominato governatore della Polonia, il quale aveva fatto particolari e
approfondite ricerche, per disposizione dello stesso Hitler (da notare che le
ricerche di Frank, come si vedrà, minavano la stessa posizione di Hitler!).
Hans Frank aveva anche scritto
un libro di memorie di ben quarantadue
volumi (posseduti dalla Biblioteca di Varsavia) in cui aveva raccontato i
particolari che ci accingiamo a riportare, riferiti dallo storico tedesco Joachim Fest (1926-2066,
antinazista: “Hitler”, Garzanti 1975),
il quale aveva condotto ricerche per proprio conto e con estrema meticolosità.
E’ noto che i corpi di Hitler
ed Eva Braun dopo il suicidio nel bunker
della Cancelleria di Berlino, furono bruciati e quando giunsero i sovietici, il
KGB provvide a portar via i resti dei corpi e seppellirli a Maghdeburgo
(Germanoa Orientale); non parliamo di tutte storie collaterali sorte sull’argomento!
Nel 1970 in quel posto si
doveva costruire un centro residenziale e i sovietici disseppellirono i resti e
li bruciarono definitivamente, buttando le ceneri nel fiume Elba, trattenendo la sola mascella di
Hitler che si trova a Mosca (come era stato riferito dai giornali).
Dalla mascella i russi avrebbero
potuto estrarre il DNA e chiarire una volta per tutte il mistero, salvo che non
lo abbiano fatto e tenuto segreto il risultato, conosciuto da una ristretta
cerchia di alti burocrati; ma questa circostanza, seppur molti segreti alla
fine vengono conosciuti, non è mai emersa.
In ogni caso il presidente
Putin ha chiesto scusa a Israele per la frase di Lavrov.
Ed ora, ecco cosa riferisce Fest alle pagg. 35
a 37 del citato testo.
— Da
parte sia paterna che materna, la famiglia era originaria di una di quelle
isolate saccche di povertà della monarchia austro-ungarica che erano le zone
forestali tra il Danubio e la frontiera boema. Erano abitate da una popolazione
esclusivamente contadina, legata da molteplici nessi di parentela frutto di matrimoni
endogamici, proseguiti per generazioni, nota per la sua ristrettezza mentale e
àrretratezza, stanziata nelle località che di continuo ritornano nella
preistoria di Hitler: Döllersheim, Strones, Weitra, Spital, Walterschlag, minuscole
comunità sparse in una regione boscosa e povera di risorse.
Il cognome Hitler, Hiedler ovvero Hüttler,
è forse di origine ceca (Hidlar. Hidlarcek) e, in una delle sue molte varianti,
comprovabili nella regione per la prima volta verso il 1430; ma, attraverso le
generazioni. esso è rimasto retaggio di piccoli contadini, nessuno dei quali ha
saputo uscire dai limiti sociali originari.
In casa del piccolo proprietario Johann Trummelschlager,
abitante al numero 13 della frazione di
Strones. il 7 giugno 1837 Maria Anna Schicklgruber diede alla luce, pur non
essendo sposata, un bambino che quello
stesso giorno venne battezzato col nome di Alois.
Nel registro anagrafico del comune di
Dòllersheim. le generalità del padre non vennero indicate; e la relativa
casella restò vuota anche quando cinque anni più tardi, la madre di Alois
contrasse matrimonio con il garzone mugnaio, Johann Georg Hiedler, disoccupato
“nul1atenente”. Vero è che quello stesso
anno la donna affidò il figlio al fratello
del marito, il contadino Jobann Nepomuk Hüttler di Spital, probabilmente
perché temeva di non poterlo allevare in maniera dignitosa; è certo comunque
che gli Hiedler stando ai si dice, erano talmente poveri che «non possedevano neppure un letto, ma
dormivano in una mangiatoia».
Abbiamo nominato, scrive il Fest, due dei probabili
antenati di Alois Shicklgruber, i fratelli Johann Georg Hiedler, garzone
mugnaio, e il contadino Johann Nepomuk Hiittler, il terzo e, stando ad
affennazioni che possono parere avventate, ma che tuttavia provengono dagli
intimi di Hitler, un ebreo di Graz a nome Leopold Frankenberger, in casa del
quale era a servizio Maria Anna Schicklgruber quando rimase incinta.
— La comunità ebraica ha negato che a Graz in quel periodo vi
fossero ebrei, ma facciamo rilevare che è possibile che questo
Frankenberger fosse di quegli ebrei solitari, nel senso che seppur discendenti da semiti, non facenti parte di
una comunità ebraica, come ve ne sono sparsi per il mondo, che non osservano la
religione ebraica, non sono circoncisi ed eventualmente praticano altra
religione, non possono essere considerati ebrei in senso stretto (ndr.). —
E’ certo comunque, prosegue Fest, che Hans
Frank che per anni fu avvocato di Hitler e più tardi Governatore generale della
Polonia, nel corso della testimonianza da lui resa al processo di Norimberga
affermò che Hitler nel 1930 aveva ricevuto da un figlio del suo fratellastro,
Alois, una lettera di tono alquanto ricattatorio contenente oscure allusioni “ad assai precise circcostanze riguardanti Ia
storia della nostra famiglia”; Frank
ebbe l’incarico di trattare la faccenda in maniera confidenziale e giunse a
queste conclusioni:
— Il Frankenberger in questione aveva
versato gli alimenti alla Schicklgruber per conto del proprio figlio che allora
(la cosa avveniva tra il 1830 e il 1840) contava
circa diciannove anni, “e aveva
continuato a farlo finché il ragazzo non era giunto al quattordicessimo anno di
età”.
Vi era stato anche uno scambio di
corrispondenza, proseguito per anni, tra il suddetto Frankenberger e la nonna
di Hitler, “inperniato sul tacito riconoscimento
da parte degli interessati che il figlio della Schicklgruber era stato generato
in condizioni tali da obbligare Frankenberger al pagamento degli alimenti”. —
Hans Frank non aveva però potuto fornire
documenti attendibili, nè circa lo scambio di corrispondenza, né per quanto
attiene al pagamento degli alimenti e tutte le ricerche compiute in base a tali
affermazioni non sono approdate a niente, stante senza dubbio il fatto che dall’
epoca sono trascorsi oltre cento anni. Meno lacunosa, per quanto espressione di
una certa immaginosa vanagloria è la versione fornita da Johann Nepomuk Hüttler
in merito alla paternità di Alois Schicklgruber (*). Sia l’una che l’altra si
sperdono nel buio sfondo di una situazione caratterizzata da povertà, ottusità e
bigottismo paesano: Adolf Hitler non conosceva l’identità del nonno.
Dopo la morte di Maria Anna Schicklgruber,
avvenuta a Klein-Motten (1873) per tisi derivata da pleurite, e dopo la morte
di suo marito, il fratello di questi, Johann Nepomuk Hüttler
si presentò, insieme a tre conoscenti, dal parroco di Dòllersheim, Zahnschirm, chiedendo
la legittirnazione del suo “figlio
adottivo”, che nel frattempo era giunto all’età di quasi quarant’anni, l’impiegato
doganale Alois Shicklgruber; affermava tuttavia di nou essere lui il padre,
bensì il suo defunto fratello Johann Georg.
Era stato questi a dichiaralo, e i suoi accompagnatori
erano lì per confermarlo.
In effetti, il parroco si lasciò ingannare o
persuadere, fatto sta che nel vecchio registro anagrafico, sostituì semplicemente
la dichiarazione “illegittimo” risalente al giugno 1837, con “legittimo”, riempiendo la casella
relativa alla persona del padre nei termini che gli erano stati richiesti e falsflcando
il documento con l’aggiunta a margine, di una postilla che dice: I sottoscritti
confermano che Georg Hitler, indicato come padre, e a loro ben noto, si è
dichiarato padre di Alois, come indicato dalla madre dello stesso Anna
Schicklgruber richiedendo l’iscrizione del proprio nome in questo registro dei
battesimi. Firmato: Josef Romeder, testimone; Johann Breiteneder, testimone;
Engelbert Paukh.
I testimoni essendo analfabeti, firmarono
ognuno con tre croci, e i rispettivi nomi furono aggiunti dal parroco. Il quale tuttatavia si dimenticò di
segnare la data, mancano inoltre sia la sua firma sia quella dei genitori (del
resto norti da un pezzo).
Per quanto irregolare la legitttimazione aveva
valore esecutivo, e infatti a partire dal gennaio 1877 Alois Schicklgruher si
chiamò Alois Hitler.
Può darsi benissimo, scrive Fest, che a
promuovere questo intrigo paesano sia stato lo stesso Alois; uomo energico e
scrupoloso, era infatti riuscito a compiere una discreta carriera, e non è
escluso quindi che sentisse la necessità di garantirsi il futuro assicurandosi
un nome “onesto”.
All’età di soli tredici anni, era andato a
imparare il mestiere da un ciabattino di Vienna, rinunciando però ben presto, e
per sempre, a tale professione, per entrare nella burocrazia austriaca; aveva
percorso rapidamente la scala gerarchica, giungendo alla fine alla più alta
categoria dei funzionari doganali che gli fosse accessibile, dati i suoi titoli
di studio.
I ritratti fotografici, che si fece fare (v.
in Internet ndr.) per lo più in
occasione delle varie promozioni, mostrano tutti un uomo grande e grosso nel
cui volto sono il cipiglio ufficiale, si legge una robusta, borghese vitalità
unita a una altrettanto borghese sufficienza, ed egli si presenta
all’osservatore con aria di compiaciuta dignità, sottolineata dallo scintillio
dei bottoni dell’uniforme. E certo mttavia che la probità e l’austerità
mascherano un temperamento evidentemente instabile, dominato da una palese
tendenza a decisioni impulsive.
Così Joachim Fest.
*) Lo afferma soprattutto Werner
Maser; si veda Der Spigel n. 31, 1967. pagg. 40 seg. Per quanto riguarda i
rapporti resi noti da Hans Frank, si veda Im
Angesichtt des Galgens pagg. 320 segg.
.
Maser invoca a sostegno della
propria tesi semplicemente il fatto che Johan Nepomuk Hiedler avrebbe voluto la
leittimazione, sia pure per suo fraiello Johann Georg HiedIer, ehe come si vede
portava un cognome che non era esattamente il suo, perché era un intrigante.
Partendo da questa premessa, qualsiasi elemento gli serve da prova, come a
esempio il fatto che Hüttler abbia atteso, per chiedere la
legittimazione, la morte della moghe avvenuta nel 1873, e il particolare è
sfruttato da Maser per convalidare la sua ipotesi, mentre tutto sta a dinostrare
esattamente il contrario.
Infatti Hüttler
avrebbe potuto farsi scrupolo in merito soltanto se avesse anmesso di essere
lui stesso il padre e avesse legittimato Alois come proprio figlio. Altrettanti
dubbi sono gli altri argomenti addotti da Maser nella già citata pubblicazione;
né egli sa invocare alcun motivo valido per spiegare il comportamento di Hüttler,
tale da convalidare la sua tesi e da rendere dubbie tutte le altre. L’ipotesi
che Hüttler
abbia preteso il cambiamento di nome quale condizione per fare di Alois Schicklgruber
il proprio erede, è sostenuta già da lungo tempo, a esempio da August Kubizék, Adolf Hitler, mein Jugendfreund, pag.
59.
FINE