AMANTI E FAVORITE

DEL RE SOLE

E DI

LUIGI XV

 
 
MICHELE DUCAS PUGLIA
 

PARTE SECONDA

 

LUIGI XV

 

Era esuberante non solo dal punto di vista sessuale, caratteristica che, contrariamente a quanto si verifica per i comuni mortali, gli si svilupperà ulteriormente con l'avanzare degli anni, ma era un fanatico della caccia, e fin da giovanetto era sempre a cavallo e si sfogava con cacce forsennate.
Questa attività mentre gli irrobustiva il fisico preoccupava la Corte perché all'epoca si riteneva che un adolescente potesse morire di fatica. Luigi era anche di buon appetito, ma soffriva di indigestioni che destavano non poche preoccupazioni (determinate dalla morte immatura di tutti i precedenti delfini, tanto che nell'ordine di successione si era arrivati a lui nipote di terza generazione di Luigi XIV). Aveva un fisico resistente che reagiva bene tutte le volte che era dato per spacciato.
Luigi era un bell'uomo, alto, con la testa ben piantata. Non c'è stato pittore (scrive Casanova) così abile, da rappresentare efficacemente il movimento che faceva con il capo quando si voltava a guardare qualcuno. <Ci si sentiva portati ad amarlo lì per lì, e allora mi parve davvero di scorgere quella maestà che invano avevo cercato sul volto del re di Sardegna. Madame de Pompadour non poteva non essersi innamorata a prima vista di quel viso>.

Il dovere del matrimonio gli era stato inculcato anzitempo, fin da bambino, all'età di undici anni, da quando Filippo V di Spagna (nipote di Luigi XIV) aveva maturato la strana idea di un duplice matrimonio, il primo, tra la sua unica figlia Infanta di tre anni e Luigi; il secondo, tra il suo primogenito, principe delle Asturie con la figlia del Reggente (Filippo d' Orleans, figlio del fratello di Luigi XIV).
Questo duplice matrimonio era stato considerato dal duca d'Orleans vantaggiosissimo e, per la sua famiglia, evidentemente prestigioso. Il legame avrebbe suggellato i rapporti tra Madrid e Parigi, scongiurando definitivamente ogni rivendicazione sul trono di Francia che poteva venire dai Borboni di Spagna.

 

L'ANNUNCIO DEL MATRIMONIO

 

Quando gli fu annunciato il matrimonio, il re bambino non ne voleva sapere e scoppiò in lacrime. Ma riuscirono convincerlo e a fargli pronunciare la promessa davanti al Consiglio. La bambina, piccola e vivace, fu mandata a Parigi dove fu accolta con tutti gli onori, con feste, comizi, esultanza di popolo e messa solenne in Notre Dame. Luigi la accolse al Louvre e le regalò una bambola. Egli però si mostrava sempre imbronciato e taciturno e non le rivolgeva parola, non mostrando alcun segno di interesse. Dovettero convincere la bambina che il mutismo del re era prova dell'affetto che provava per lei.
Il Reggente non aveva spinto ulteriormente il giovane re verso il matrimonio, in quanto, se questi fosse morto, nell'ordine di successione era lui che avrebbe preso la corona, ma aveva calcolato male i tempi perché nel frattempo moriva e veniva sostituito da Luigi di Condé duca di Borbone, detto Monsieur le Duc, il quale vedeva le cose diversamente da lui (tra l'altro le rispettive casate dei Condé e degli Orleans si odiavano). Costui non era troppo d'accordo sul matrimonio e riteneva che l'Infanta dovesse essere rimandata in Spagna.
Luigi XV una mattina del 1724 (a quattordici anni) aveva confidato ai valletti che la notte aveva avuto un male piacevole mai provato prima. Da quel momento ci si rese conto che il giovane era pronto per il matrimonio, ma non lo era ancora la bambina.
Luigi nel 1725 aveva avuto una delle sue indigestioni e Monsieur le Duc, che voleva sì far sposare Luigi, ma non con l'Infanta in quanto si sarebbe dovuto attendere la sua maturità sessuale, accelerò i tempi per rimandare la bambina in Spagna. Le si fece credere che i genitori volessero rivederla e che presto sarebbe rientrata a Versailles dove si era stabilita la corte. La corte spagnola si mostrò offesa e minacciò la guerra, ma col tempo le cose si acquietarono.
Per Luigi era stata approntata una lista di ben novantanove principesse idonee al matrimonio, di queste, venticinque erano cattoliche, tre anglicane, tredici calviniste, cinquantadue luterane e tre ortodosse.
Da una prima cernita vennero eliminate le anglicane, le calviniste, le luterane, le ortodosse, le brutte e quelle di più modesta posizione sociale che annullava i vantaggi della nascita; in tutto ottantadue. Per le rimanenti diciassette si riunì il Consiglio della Corona e ne discusse in presenza del re quindicenne. Tra le diciassette vi erano le due sorelle di Monsieur le Duc che furono scartate, perché il re non poteva sposare una suddita e inoltre sarebbe stato conferito un rango troppo elevato a principi del sangue. Delle altre, la principessa Elisabetta, figlia maggiore del duca di Lorena, fu scartata per lo stesso motivo, perché la madre era una Orleans.
La figlia del re del Portogallo, Marie-Barbe Josephe, era di salute cagionevole e la famiglia era ritenuta alquanto stravagante. Inoltre la Spagna ne avrebbe ricevuto offesa. La figlia dello zar di Russia, Elisabetta, fu scartata perché la madre era di bassi natali. La figlia del principe di Galles, erede al trono d'Inghilterra e ben disposta perché aveva visto un ritratto di Luigi e le era piaciuto, sarebbe stata un ottimo partito, ma era luterana. Era anche poco probabile che si sarebbe convertita, perché la sua famiglia, discendente degli Hannover, aveva fatto rovesciare i cattolici Stuart.
Anche le principesse di Danimarca e Prussia erano state eliminate per divergenze religiose. Rimaneva la figlia dello sfortunato re polacco Stanislao Leczynski, (il cui regno era durato solo cinque anni) che non si trovava in buone condizioni economiche. Si ritenne però che Maria, di aspetto modesto e carattere riservato, sarebbe stata un'ottima moglie. L'annuncio del matrimonio suscitò uno scontento generale, perché il re avrebbe sposato una donna di rango inferiore. Si disse che Maria non faceva parte delle famiglie della grande nobiltà polacca, ma la sua era solo una famiglia di semplici gentiluomini. Era stata messa anche in giro la voce che aveva i piedi palmati e fosse epilettica. Fu fatta visitare e risultò sana. Il re comunque nel vedere il ritratto di Maria ne era rimasto entusiasta.
Chi l'aveva avvicinata ne decantava la bontà e la dolcezza del carattere. L'unico elemento negativo era costituito dalla differenza di età: Maria aveva ventidue anni, il re ne aveva quindici, la qual cosa però non fu di ostacolo alla celebrazione del matrimonio. Prima fu fatto quello per procura a Strasburgo. Nel frattempo Maria con il corteo che l'accompagnava dalla Polonia raggiunse Froidefontaine, dove l'attendeva Luigi che l'accolse con calore, baciandola sulle gote. Il matrimonio fu celebrato nel castello di Fontainebleu.

 

IL MATRIMONIO DEL RE

 

La sposa indossava il manto reale con i gigli di Francia e una corona di diamanti. Alla sera il re cercò di abbreviare il cerimoniale, desideroso di ritirarsi con la sposa. La mattina seguente si era compiaciuto nel far sapere di aver dato alla sposa sette prove d'amore. Erano le prime di una lunga serie che in dieci anni avrebbero dato altrettante maternità che Maria aveva accettato con rassegnazione, ma lamentandosi dicendo: <diamine! sempre far l'amore, sempre incinta, sempre partorire!>.
La regina oltre a non avere gli appetiti sessuali del marito, non pensava a curare né il corpo né il modo di vestire, che era sciatto e con la cuffia che portava in ogni occasione aveva l'aspetto di una vecchia. Luigi al settimo anno di matrimonio incominciò ad avvertire il bisogno di una divagazione. L'occasione gli era stata data dalla stessa regina una notte in cui il re si era presentato ubriaco, reclamando il dovere coniugale, e la regina disgustata lo aveva respinto.
A un re non poteva mancare la fortuna in amore. Da una, di divagazioni se ne presentarono cinque! Si trattava di cinque sorelle che il re ebbe a turno. Si diceva però che almeno due le aveva avute contemporaneamente. Ne avrebbe potuto avere di più belle. Non aveva che da scegliere tra le giovani e giovanissime che frequentavano la Corte, sposate e non, tutte ai suoi piedi, pronte a concedersi.
Luigi, timido com'era, scelse la tranquillità e la sicurezza che gli davano le cinque sorelle. Egli dava così uno scacco al bisnonno re Sole, che nella sua super attività sessuale di sorelle ne aveva avute solo tre. Le cinque sorelle erano figlie del marchese de Nesles e in bellezza lasciavano a desiderare. La prima fu Louise-Joulie de Nesle, moglie del conte de Mailly, coetanea del re. Era come una vickinga: alta, con grande bocca e voce possente, occhi vivaci e di carattere divertente. Con il bicchiere in mano non aveva più paura di nulla. La seconda era Pauline-Félicité, nubile, che rimase subito incinta. Le fu trovato in tutta fretta un marito e fu fatta sposare al marchese de Ventemille, il quale, non avendo potuto dire di no, appena espletate le formalità del matrimonio, tolse l'incomodo e se ne andò a vivere nelle sue terre. Pauline era la più brutta delle sorelle, ma per lei Luigi ebbe una vera e propria passione. Riusciva infatti a far uscire il re dall'apatia e lo stimolava nell'ambizione e a fare grandi cose per il regno. In due anni gli scrisse duemila lettere. Seppe ben sfruttare la sua posizione, facendosi regalare il castello di Choisy le Roi, arredato sontuosamente. L'idillio non durò molto, perché Pauline morì tre giorni dopo aver partorito un figlio, al quale fu dato il titolo di duca di Luc. La terza, Marie Anne, era la più bella, anch'essa alta, aveva un'andatura regale e l'incarnato, di un bel colorito, sprigionava sensualità. Era vedova del marchese di La Tournelle.
Prima di concedersi al re, gli aveva imposto di mandar via l'altra sorella, Luise Joulie. Poiché il re non si decideva, gli mise a disposizione la quarta sorella Diane de Lauraguais, che gioviale, divertente, spensierata e cinica, riusciva a distrarlo dagli affanni della guerra. Le richieste della marchesa di La Tournelle non si limitarono a far mandare via la sorella: richiese per sé un ducato. Fu accontentata, diventando duchessa di Chateauroux. Il feudo le venne ufficialmente assegnato per <il legame personale e i servizi resi alla regina>. La sorella Mailly, quando dovette abbandonare il campo, avuta la sua liquidazione (600mila livres e una pensione), se ne andò a vivere in un appartamento di Parigi e con l'assistenza di un confessore si dedicò a una vita devota. La quinta delle sorelle era Madame de Flavancourt.
Tutta Parigi, che normalmente non si scandalizzava più di nulla, considerò la faccenda delle sorelle come un incesto. Circolavano versi malevoli su tutte e cinque le sorelle. Quando il re partì per le Fiandre (1744) dove combattevano le truppe francesi, ne portò con sé due; i soldati non nascosero il loro malcontento.
Successivamente il re, trovandosi a Metz, fu colpito da un grave malessere (8 agosto) tanto che i medici, dandolo per spacciato, lo lasciarono dicendo di non poter far nulla. I preti che avevano sostituito i medici attribuivano la malattia all'ira divina per la vita immorale e peccaminosa del re. Al capezzale, il vescovo lo ricattò dicendogli che non poteva dargli i sacramenti e salvargli l'anima, se non fossero state mandate via le due sorelle. Le due sorelle se ne andarono e durante il percorso verso Parigi la folla le voleva linciare perché ritenevano loro, <putaines du roi>, la causa della morte del re. Un vecchio medico di provincia, ritiratosi dalla professione, si presentò chiedendo di vedere il re. Dopo averlo visitato tra i sorrisi ironici dei cortigiani, disse di poterlo guarire. In mancanza d'altro fu lasciato fare. Il medico somministrò la sua pozione di emetico: dopo poche ore la febbre scomparve, i sintomi regredirono e quattro giorni dopo il re era bell'e guarito.
Rientrato il re, la Chateauroux si ammala all'improvviso presentando gli stessi sintomi della malattia del re. Dopo poco muore (1744). Vi sarà chi attribuirà la morte ai peccati, chi al veleno (le morti improvvise suscitavano sempre sospetti di avvelenamento).
Il re era triste, ma il destino benevolo gli aveva già preparato un bocciolo che stava maturando per lui. Era bella come il sole, era nata per fare la regina, in famiglia la chiamavano Reinette, una indovina le aveva predetto che sarebbe diventata quasi regina. Se proprio non divenne regina, si innalzò al livello di una regina.

 

MADAME

 

DE POMPADOUR

La più famosa non solo ai suoi tempi, ma anche nei secoli a venire. Il nome Pompadour non porta in sé i segni dello scandalo, per essere stata una amante-favorita (che non aveva senso in quel tempo in cui simili comportamenti erano del tutto legittimi, e ancor meno meraviglia oggigiorno). Con la sua personalità aveva dato lo stampo al suo secolo. Primeggia ancora col suo nome, suscitando ammirazione per il fascino che sprigionava, per la bellezza e ancor più, per l'intelligenza e lo spirito.
Anche se non riuscì a diventare regina, per un misto di combinazioni e coincidenze fortunate, seguendo e assecondando il naturale talento che il destino le aveva donato, divenne <reine à gauche> (alla sinistra del re, mentre alla destra era la regina legittima), la regina di fatto, avendo sostituito la regina che ne portava il titolo, sia nell'alcova che negli affari di stato (nazionali e internazionali, intrighi compresi) che passavano tutti per le sue mani.
Aveva così ottenuto il titolo di <maitresse en titre> (amante in carica). Tutte le figlie del re la chiamavano <notre maman putain>. Questo termine a quei tempi non era ritenuto neanche tanto offensivo. Ce lo dimostra l'aneddoto della duchessa di Chateauroux, che, quando non era più l'amante del re, recandosi in chiesa, nel chiedere permesso per passare, si era sentita dire da un fedele che l'aveva riconosciuta <passate pure signora puttana> e la duchessa, di rimando e con presenza di spirito rispose: <dal momento che mi avete riconosciuta, pregate per me>. L'unica cosa che non veniva accettata dalla nobiltà, e ciò per spirito di casta, era che il re dovesse avere per amante una borghese. La Corte era piena di nobili dame e damigelle pronte a concedersi, per renderlo felice. Esse però non suscitavano gli interessi del sovrano che, salvo alcune rare eccezioni, preferiva approvvigionarsi dal vivaio della borghesia o, nel momento in cui più avanti negli anni è eccitato dalle adolescenti, più abbondantemente dal popolo.
Jeanne-Antoinette Poisson, era figlia di una donna bellissima, considerata addirittura una delle più belle di Parigi, ma altrettanto chiacchierata. Il suo nome era Luise-Madeleine de La Motte, e nonostante il bel cognome era semplicemente figlia di un ricco commerciante fornitore di carne e derrate all'Hotel des Invalides. Il marito Francois Poisson figlio di un tessitore, lavorava per i fratelli Pàris che si occupavano di forniture militari e col tempo diventarono banchieri e arrivarono a ricoprire cariche molto alte nell'amministrazione dello Stato.
Reinette a sette anni (era nata nel 1721) fu messa in convento dalle Orsoline come tutte le bambine delle famiglie aristocratiche. Ma non vi stette molto perché era una bambina delicata, e, nel momento in cui si era ammalata, la madre la portò via. Già bella da bambina diventava sempre più bella man mano che cresceva.
Fu la madre che desiderando un avvenire splendido per la figlia la portò da una indovina, che leggendole la mano le predisse che sarebbe diventata <quasi regina> .
Questa predizione fece scatenare l'ambizione della mamma e la fantasia della bambina. La madre aveva pensato che alla bambina bisognasse dare una educazione adeguata. La bambina nei suoi giochi infantili giocava a considerarsi l'amante del re.
A questo punto entra in gioco il signor Le Normant-Tournehem, amico della mamma e probabilmente padre di Jeanne-Antoinette (e del fratello di questa, Abel) il quale, essendo ricco, ritiene che alla bambina vada impartita una educazione particolarmente raffinata, e a tutta la famiglia un tenore di vita più elevato, per cui la trasferisce in un lussuoso palazzo di rue de Richelieu, mettendo a disposizione di madame Poisson tutti i mezzi finanziari necessari per l'educazione dei due ragazzi.
Reinette ebbe il meglio di quanto potesse offrire Parigi dov'era concentrato il meglio della Francia. Per musica e canto ebbe come maestro il grande cantante Jèlyotte. Guibodet le insegnò portamento e danza. Il famoso drammaturgo Crébillon le insegnò dizione e recitazione. Imparò equitazione, in cui aveva mostrato temperamento, nonostante il fisico delicato. A diciott'anni era pronta ad affrontare la società. C'erano però due ostacoli da superare, le sue modeste origini e la fama poco lusinghiera della madre.
Fu fortunata ad entrare nelle simpatie di madame de Tencin, dalla quale si riunivano gli spiriti illuminati del tempo come Voltaire e d'Alembert, dai quali Jeanne-Antoinette aveva assorbito, ascoltandoli avidamente, le idee che essi manifestavano.
Ma questo non bastava, occorreva che un matrimonio la portasse più su nella scala sociale. Vi provvede ancora il signor Normant il quale aveva pensato a un suo nipote, Guillaume Le Normant d'Etioles, figlio di suo fratello, che aveva ventitré anni. Il giovane non era bello ed era poco attraente, però nei modi era un perfetto gentiluomo. Alla proposta dello zio oppose un netto rifiuto perché non intendeva diventare genero di una donna su cui correvano pettegolezzi e aneddoti salaci. Lo zio aumentò la dote di Reinette, che veniva dotata della cifra ragguardevole di centoventimila livres, oltre a un regalo di ottantamilacinquecento livres e al mantenimento di vitto alloggio, servitù, carrozze e cavalli. Era stato anche previsto che in caso di separazione ciascuno dei due avrebbe avuto un vitalizio adeguato e garantito per una vita altrettanto decorosa.
Il giovane Guillaume si lasciò convincere da tutte queste concessioni e il matrimonio ebbe luogo nel marzo 1741. Jeanne Antoinette acquisì il cognome Le Normant d'Etioles. Gli sposi andarono a vivere in una casa in rue saint Honoré dove furono dati ricevimenti di cui parlava tutta Parigi. E, in tutta Parigi si parlava di madame Le Normant d'Etioles e, non solo della sua bellezza ma del suo spirito, del suo carattere, della sua cultura.
Incominciarono ad aprirsi i salotti esclusivi, in particolare quello di madame Geoffrin, aperto il lunedì per la cena dei pittori, il mercoledì per la cena dei filosofi, e a quest' ultima gli abituée erano Montesquieu, Voltaire e d'Alembert.
L'estate Jeanne-Antoinette andava a passarla nella campagna di Etioles e quì riceveva il suo maestro Crébillon, Bernard Fontenelle (*) e il duca di Richelieu che viveva a Corte. Per puro caso la tenuta d' Etioles era a poca distanza dal castello reale di Choisy le roi, dove il re andava a caccia. Reinette incominciò a farsi vedere durante queste cacce, guidando una bellissima carrozza azzurra. Questa circostanza si ripeté per alcune volte fino a quando il re non fu incuriosito e volle sapere chi fosse la sconosciuta, alla quale fece pervenire un trofeo di cervo che egli stesso aveva ucciso.
Le apparizioni continuarono fin quando a Reinette non pervenne un biglietto della Chateauroux, che la invitava a desistere dal farsi vedere sul percorso di caccia del re. Reinette capì che doveva aspettare qualche altra occasione. Questa arrivò nel 1745 (la Chateauroux era morta nel 1744) quando a Versailles si dette un ballo in maschera, al quale con i nobili potevano partecipare anche i borghesi. Al ballo il re e i suoi accompagnatori arrivarono mascherati da alberelli di tasso. Jeanne-Antoinette da Diana cacciatrice. Vi fu tra il re e Reinette un incontro fugace, lei tolse la sua maschera per un attimo, sufficiente a far notare al re la sua bellezza, e si dileguò tra la folla.
Tre giorni dopo la municipalità di Parigi ricambiò offrendo un ballo in onore del delfino e della sposa all'Hotel de Ville. A questa festa partecipò Reinette e anche il re che doveva incontrare un'altra ragazza che non si presentò all'appuntamento. Il re era rimasto contrariato. A un certo punto intravide m.me d'Etioles, le si avvicinò, la prese per mano, i due si appartarono per poco. Luigi la invitò a passare la notte a Versailles, Reinette rifiutò e chiese di essere portata a casa, ma nei giorni successivi una carrozza, apparentemente vuota, faceva la spola tra Parigi e Versailles.
La fortuna che aveva segnato la strada di Jeanne-Antoinette aveva bisogno di una spinta. Il re non si decideva a prenderla con sé. Egli aveva il giusto dubbio che m.me d'Etioles avesse delle personali ambizioni. La spinta giunse da parte di un valletto di camera, Binet, confidente di Luigi e parente di Reinette, che gli parlava spesso di lei dicendogli che era innamorata e lo rassicurava sul fatto che era una donna molto ricca e non aveva nessun altro interesse all'infuori del sentimento che nutriva per lui.

Nel frattempo non era mancato un intrigo. Un gesuita, consigliere del re e vescovo di Mirepoix che era a Corte, era decisamente contrario al rapporto che si stava instaurando tra il re e m.me d'Etioles. Per questo aveva minacciato Binet, il quale pur non sapendo come regolarsi, aveva finito per riferire la minaccia al re. Era ciò che ci voleva perché il re prendesse la decisione. Jeanne-Antoinette sarebbe diventata la sua amante ufficiale.
Creata per l'occasione marchesa di Pompadour, doveva essere presentata a Corte. Era sorta la difficoltà di trovare chi dovesse accompagnarla, come previsto dall'etichetta, in quanto tutte le nobili dame avevano opposto un rifiuto. Alla fine l'incarico fu assunto dalla principessa di Conti, nobile di rango, che aveva molti debiti da saldare. Quando fece sapere di accettare, i debiti le furono immediatamente azzerati. Un abate ignaro, in presenza della principessa, chiedeva quale <puttana> avrebbe osato presentare un tal donna alla regina. La principessa con molto spirito gli sussurrò ridendo: <Abate, non continuate. Sarò io>!
Il giorno della sua presentazione ufficiale, era apparsa nel salone del Consiglio a Versailles con la freschezza dei suoi ventitré anni, in tutto il fulgore della sua bellezza, esaltata da uno splendido vestito che non aveva eguali, che le metteva in mostra le spalle tornite, il seno florido, la carnagione vellutata, le braccia e le mani che nessuna delle nobili di corte poteva vantarsi di avere. I bei capelli erano ornati da un diadema di diamanti che rendevano il suo volto radioso. Gli occhi dei cortigiani presenti, ostili da far raggelare il sangue, erano tutti puntati su di lei. La sala era carica di tensione. La loro prima delusione fu la sua bellezza. L'avevano quindi seguita in tutti i movimenti per cogliere anche una minima sfumatura di errore nelle rigide e meticolose regole dell'etichetta, che avrebbero rivelato la sua origine borghese, ma anche in questo Reinette, ora marchesa di Pompadour, aveva deluso le aspettative. Aveva folgorato lo stesso Luigi XV, che dopo l'inchino di lei era riuscito solo a farfugliare qualche parola di circostanza.
Nel presentarsi davanti alla regina, mentre stava per togliere il guanto per prenderle l'orlo del vestito da baciare, le si era rotto il braccialetto di perle che si erano sparse sul pavimento. La regina aveva colto il gesto di umiltà aiutandola a rialzarsi. Questo gesto e le parole che le aveva rivolto erano esattamente il contrario della reazione negativa che i cortigiani si aspettavano.
La regina, rassegnata a trovarsi dappresso le amanti del marito, dirà poi che, visto che accanto al re doveva essercene una, era meglio che fosse lei anziché un'altra!

*) La fama di Fontenelle non è giunta fino a noi come quella di Voltaire o di Montesqieu, pur essendo dello stesso livello intellettivo e intellettuale. Egli era un illuminista puro, convinto cartesiano, ateo, scettico, ironico, la sua opera l'aveva svolta nei salotti parigini con le sue impareggiabili e raffinate conversazioni (oggi si parlerebbe di conferenze), per mezzo delle quali a poco a poco era riuscito a educare ed evolvere i suoi ascoltatori, da una mentalità dell'uomo medioevale e barocca, a quella nuova dell'uomo che dubita, che è spinto dalla curiosità a indagare, che è la caratteristiche dell'uomo cartesiano, dell'uomo moderno.

 

LE ALTRE AMANTI

 

Jeanne-Antoinette aveva una salute cagionevole, era malata di polmoni e aveva dovuto ricorrere a sotterfugi per tenere nascosta la sua malattia. Avvicinandosi ai trent'anni il corpo provato dalla vita di corte (dalle nove del mattino alle tre di notte doveva mostrarsi viva e vitale) e dalle maternità interrotte, incominciava a sfiorire e a dar segni di cedimento con problemi renali, cardiaci e circolatori. Sia per questi motivi di salute che per il suo temperamento freddo i rapporti amatorii col re erano cessati.
La Pompadour voleva riavvicinarsi ai sacramenti, ma non poteva avere l' assoluzione perché pubblica peccatrice. A nulla era valso l'aver reso di pubblico dominio la fine dei suoi rapporti col re, che ora erano di amicizia e di collaborazione, nonostante si fosse dedicata a opere religiose, di pietà, a letture edificanti, alle preghiere, circondandosi di crocifissi e altro materiale religioso e perdonando i suoi nemici. Aveva inoltre trasferito il suo appartamento dal primo piano al pianoterra, vicino al gabinetto del re proprio per sottolineare che i rapporti sessuali erano cessati. Era infatti diventata sua prima consigliera, per tutti gli affari di Stato. Per ottenere l' assoluzione occorreva il perdono del marito, che non tardò ad arrivare, e così la Pompadour fu riammessa ai sacramenti.
Sistemata la questione religiosa, alla Pompadour viene riconosciuto il titolo di duchessa (1752) e contemporaneamente quello di dama di palazzo, che le dà diritto di rimanere seduta in presenza dei sovrani e di essere considerata come facente parte della famiglia reale.
Essa pur di non avere rivali di rango - e ve n'erano di agguerrite e senza scrupoli che avevano una gran voglia di spodestarla - aveva opportunamente chiuso gli occhi, lasciando che il re, che si mostrava sempre più interessato a ragazze giovani, anzi giovanissime e vergini, coltivasse tranquillamente questa sua passione, a volte aiutandolo nelle sue imprese.
Essere amante del re era l'aspirazione di tutte le dame particolarmente dell'alta nobiltà, che avrebbero fatto di tutto per diventarlo, arrivando a un punto tale di sfrontatezza che una di esse, nel momento in cui aveva visto fallire il suo tentativo e non dandosi ancora per vinta, aveva esclamato: <Va bene. Per ora mi accontento di mio marito>.
Il massimo della sfrontatezza era stato raggiunto dalla viscontessa di Cambis, peraltro giovanissima pupilla della Pompadour, per la quale la marchesa aveva combinato un matrimonio.
Lei invece desiderava ardentemente sostituirsi alla sua madrina presso il re. Dopo la celebrazione del matrimonio, la stessa notte delle nozze, mentre il marito stava incominciando con le prime <avances>, lei gli dice chiaramente di non illudersi, perché non sarebbe mai stata sua. Il marito, trasalendo, le chiede perché e lei di rimando: <perché voglio essere del re>! La viscontessa riuscirà ad arrivare al re, ma solo per il tempo di fargli cogliere il frutto che gli aveva tenuto riservato. Per il resto, non era riuscita a suscitare alcun altro interesse e il tanto desiderato sovrano l'abbandona al suo destino passando ad altri amori.

Fine seconda parte

continua... terza parte

torna inizio pagina