CHAMPAGNE

a cura di Michele E. Puglia

 

L’ argomento è troppo intrigante  e “spumeggiante”  perché possa passare inosservato. Purtroppo però si finisce sull’insidioso  terreno  dei paragoni con i nostri spumanti che non si può evitare, perchè se è vero che in Italia produciamo buoni spumanti “metodo classico”, (all’uso iniziale del termine “metodo champenois” degli spumantisti italiani, si sono opposti i francesi, e il termine è stato sostituito con “metodo classico”), l’incontrastato re delle bollicine, per amanti bevitori o bevitori amanti, rimane  lo “champagne”.

Forse qualche critica può anche servire da stimolo ai produttori domestici, perché possano far  meglio.

Si è sempre ritenuto che l’invenzione dello spumante fosse dovuta al caso, come a tante altre invenzioni (es. il pane lievitato nell’antico Egitto),  cioè quando per caso in una bottiglia si era verificata una seconda fermentazione che lo aveva reso spumante, e questa invenzione fosse stata la prerogativa di un  monaco francese, Dom Perignon.

Ma, senza volerla mettere sul piano nazionalistico, è l’Italia a poter vantare la priorità nell’invenzione del vino spumeggiante. Infatti già dal 1570, un medico di Bergamo parlava del “vino mordace” che è appunto lo spumante. Al convegno internazionale organizzato a Roma dall'Istituto Treccani (nov. '99), è stato documentato (prof. Mario Fregoni Università Cattolica di Milano) che in un testo, intitolato “L'arte del vino a Montepulciano”, di padre Acquaviva (1658-1729), rettore del collegio dell'ordine dei Gesuiti di Montepulciano, si otteneva un vino spumeggiante con la rifermentazione del vino nel tino, con aggiunta di mosto concentrato a caldo (*)

Spesso le invenzioni avvengono in posti diversi, indipendentemente l’una dall’altra . In  Francia avava ottenuto lo stesso risultato un monaco benedettino, dell'abbazia francese di Hautville, in Normandia,  Dom Perignon, vissuto (1650) nello stesso periodo  di Luigi XIV (1638-1715)

il quale ne aveva perfezionato la , e si bevevo a Corte, a perfezionare la metodologia con l’adozione del cosiddetto “metodo champenois. Qiel vino aveva ottenuto successo ed era stato introdotto nella raffinata Corde del re Sole.

Se pur vi è stata una priorità italiana, il prestigio lo hanno conquistato i francesi in quasi quattrocento anni di produzione,

con il metodo usato dal monaco Dom Perignon, nome divenuto famoso come ben nota marca di “champagne”. La priorità nelle invenzioni, comunque, dice sempre poco quando chi ha la genialità di una invenzione non la sfrutta. In questo caso se vi è una priorità italiana, al solito, gli italiani non hanno saputo sfruttare la loro invenzione.

Solo in questi ultimi anni gl’italiani si sono messi sulla linea della produzione qualificata, adottando il termine adottando come  detto, il “metodo classico” in sostituzione del termine francese “metodo champenois”.

Dobbiamo in ogni caso riconoscere che lo “champagne”, è, e rimane, rispetto agli spumanti italiani, il re incontrastato, per due ordini di motivi: primo perché, come abbiamo detto, i francesi lo producono in gran quantità dal 1600, ma quel che più conta, da allora i francesi si sono messi sulla linea della produzione di prestigio (v. questa voce; lo stesso vale per il “cognac”!); in secondo luogo, perché gl’italiani  sono arrivati con un ritardo di secoli e quando sono partiti non hanno avuto di mira il primo elemento di un prodotto, che è l’alta qualità, preferendo il  più facile  e immediato guadagno derivato dalla quantità.

Solo da alcuni anni gli spumatiti si sono allineati sulla produzione di qualità, ma per guadagnare una posizione di prestigio occorreranno ancora molti anni..  

Se è vero che l’Italia ha raggiunto produzioni elevate di bottiglie esportate, ciò è dovuto al prezzo che è inferiore allo “champagne”, mentre il “sapore”, il “bouquet” maschio, (il Maestro Veronelli, in una delle sue meditazioni, aveva parlato di profumo di “sperma” o se si vuole “dell’ippocastano”). Insomma il “corpo”, con tutte quelle che sono le caratteristiche dello “champagne”, non ancora lo raggiunge nessuno spumante “metodo classico”.

Il segreto e la differenza tra “champagne” e “spumate metodo classico” consiste nella cuveée, vale a dire nella miscela di almeno tre qualità fondamentali di uve (pinot bianco, pinot meunier-grigio e fondamentale il pinot nero), ma anche di annate diverse e dell’invecchiamento che per  i millesimati è di cinque anni, consentito dalla forte acidità delle uve che sono raccolte quasi verdi. Gli spumantisti italiani come uve usano fondamentalmente uve chardonnay.

I francesi per lo champagne usano poi una base di lievito, detto “liqeur costituito da un concentrato di vino e zucchero (però non è proprio così semplice, usato anche dagli spumantisti che lo importato direttamente dalla Francia.

E’ questo il motivo per il quale  lo “champagne” regge bene per un intero pasto, con qualunque cibo lo si intenda accompagnare, mentre lo spumante è un prodotto leggero.

E’ anche da dire che rispetto alle marche ben note di “champagne”, ve ne sono di qualità superiore  la cui produzione è sotto le centomila bottiglie, e quando si arriva a bere qualcuna di queste bottiglie, si beve  ambra degli dei”.

E’ da dire inoltre, che i “disciplinari”  francesi sono molto più rigorosi di quelli italiani, e, tra le varie disposizioni, hanno quella di far “parlare” l’etichetta.

Dalle etichette delle bottiglie di “champagne” infatti  se ne legge la vita. Le etichette infatti, contengono immancabilmente delle lettere che danno precise indicazioni sul produttore: R.M, significa “récoltant manipolateur, che corrisponde al vignaiolo che lavora le uve in proprio, cioè il produttore diretto; N.M, “negociant manipolateur, è chi lavora l’uva acquistata da altri  l’uva e la lavora in proprio. C.M, “cooperative manipolateur, sono le cantine-cooperative che lavorano le uve dei soci. M.A,marque auxiliére, contraddistingue una marca comune che non dà certezza sulla qualità del prodotto.

Accanto a queste lettere appare un numero che corrisponde alla produzione delle bottiglie nell’anno, ovviamente vi è indicata anche la zona di produzione.  ….Questa, signori, è “serietà”!

Anche per le varie misure delle bottiglie sono stati i francesi a denominarle in base alla grandezza…con nomi biblici!

 Esse si misurano sulla base dei multipli (i sottomultipli sono semplicemente quart, demi e medium). Esclusa la prima di 7/10, e la “magnum”, corrispondente a due bottiglie (cioé a un litro e mezzo), le successive sono: “Jeroboam (corrispondente a quattro bottiglie, pari a tre litri). Era funzionario di Salomone, che alla morte del suo re s’impossessò del regno. Sotto di lui iniziò la secessione del regno d’Israele.Roboam (otto bottiglie, pari a sei litri). Era figlio di Salomone, divise il regno ereditato dal padre in regno d’Israele e regno di Giuda. “Salmanassar (sedici bottiglie, pari a nove litri), re d’Assiria.  Balthasar, (diciotto bottiglie, pari a dodici litri), il suo nome era Daniele ed era capo dei sacerdoti che praticavano la magia. “Nabucodonosor (venti bottiglie, pari a quindici litri). Era re di Babilonia.

E questo, signori, è prestigio (v. questa voce)!

Ed ora, una considerazione!

Molte persone danarose (v. voce “Arricchiti”), nei locali notturni ordinano una particolare marca di “champagne” perché è la più costosa. Costoro dimostrano semplicemente di non intendersene, di non avere neanche gusto (quello “organolettico” che fa apprezzare una marca  anziché un’ altra), e di non saper neanche spendere i propri soldi con intelligenza.

Non solo, ma spesso neanche si accorgono che bevono normale vino gasato, anziché quello delle costose marche ordinate. Infatti, ogni tanto si ha notizia che la Guardia di Finanza,pone sotto sequestro grandi quantità di bottiglie di “champagne sofisticate”, offerte nei locali ai clienti come prodotto originale..

L’Italia è al sesto posto al mondo (su un totale di 260milioni) di bottiglie) tra i consumatori di “champagne”, quello vero! Negli ultimi tempi (1996), causa le restrizioni economiche e la drastica riduzione delle spese, anche lo “champagne” aveva subito una contrazione nei consumi, scendendo a 6.3oo milioni di bottiglie. Nel ’97 nonostante la crisi economica e le “manovre fiscali”... si è avuta una ripresa di oltre il 12%.

Inutile dire che lo “champagne” è anche lo “status symbol”» dei mafiosi (v. Pranzi). Quando avevano scovato e arrestato Enzo Brusca, nella sua cantina erano state trovate diverse casse di “champagne”, mentre il fratello Giovanni, più parsimonioso, collezionava orologi d’oro. Anche quando scovarono il boss Enzo Piromalli (mar. '99) in un bunker nascosto da una baracca, con i più sofisticati accorgimenti elettronici, trovarono una buona scorta di “champagne”.

 

 

*) ricordiamo che il sistema di aggiunta di mosto nel vino, durante gli anni “quaranta” dello scorso secolo era utilizzato ampiamente dai sofisticatori italiani per aumentare la gradazione del vino quando era bassa: era comunque un sistema naturale; ora le sofisticazioni avvengono in ben altro modo ndr).