CHAMPAGNE
a cura
di
L’ argomento è troppo
intrigante e “spumeggiante” perché possa passare inosservato. Purtroppo
però si finisce sull’insidioso terreno dei paragoni con i nostri spumanti che non si
può evitare, perchè se è vero che in Italia produciamo buoni spumanti “metodo
classico”, (all’uso iniziale del termine “metodo champenois”
degli spumantisti italiani, si sono opposti i
francesi, e il termine è stato sostituito con “metodo classico”), l’incontrastato re delle bollicine, per amanti
bevitori o bevitori amanti, rimane lo “champagne”.
Forse qualche
critica può anche servire da stimolo ai produttori domestici, perché possano
far meglio.
Si è sempre
ritenuto che l’invenzione dello spumante fosse dovuta
al caso, come a tante altre invenzioni (es. il pane lievitato nell’antico Egitto),
cioè quando per caso in una bottiglia si
era verificata una seconda fermentazione che lo aveva reso spumante, e questa
invenzione fosse stata la prerogativa di un monaco francese, Dom
Perignon.
Ma, senza volerla
mettere sul piano nazionalistico, è l’Italia a poter vantare la priorità
nell’invenzione del vino spumeggiante. Infatti già dal
1570, un medico di Bergamo parlava del “vino mordace” che è appunto lo
spumante. Al convegno internazionale organizzato a Roma dall'Istituto Treccani (nov. '99), è stato documentato (prof. Mario Fregoni Università Cattolica di Milano) che in un testo,
intitolato “L'arte del vino a
Montepulciano”, di padre Acquaviva (1658-1729),
rettore del collegio dell'ordine dei Gesuiti di
Montepulciano, si otteneva un vino spumeggiante con la rifermentazione
del vino nel tino, con aggiunta di mosto concentrato a caldo (*)
Spesso le
invenzioni avvengono in posti diversi, indipendentemente l’una dall’altra . In Francia avava
ottenuto lo stesso risultato un monaco benedettino, dell'abbazia francese di Hautville, in Normandia,
Dom Perignon, vissuto
(1650) nello stesso periodo di Luigi XIV
(1638-1715)
il quale ne aveva
perfezionato la , e si bevevo a Corte, a perfezionare la metodologia con
l’adozione del cosiddetto “metodo champenois”. Qiel vino aveva
ottenuto successo ed era stato introdotto nella raffinata
Corde del re Sole.
Se pur vi è stata
una priorità italiana, il prestigio lo hanno conquistato i francesi in quasi
quattrocento anni di produzione,
con il metodo usato
dal monaco Dom Perignon,
nome divenuto famoso come ben nota marca di “champagne”. La priorità
nelle invenzioni, comunque, dice sempre poco quando
chi ha la genialità di una invenzione non
Solo in questi
ultimi anni gl’italiani si sono messi sulla linea
della produzione qualificata, adottando il termine adottando come detto, il “metodo classico” in sostituzione
del termine francese “metodo champenois”.
Dobbiamo in ogni
caso riconoscere che lo “champagne”,
è, e rimane, rispetto agli spumanti italiani, il re incontrastato, per due
ordini di motivi: primo perché, come abbiamo detto, i francesi lo producono in
gran quantità dal 1600, ma quel che più conta, da allora
i francesi si sono messi sulla linea della produzione di prestigio (v. questa voce; lo stesso vale per il “cognac”!); in secondo luogo, perché gl’italiani sono arrivati con un ritardo di secoli e
quando sono partiti non hanno avuto di mira il primo elemento di un prodotto,
che è l’alta qualità, preferendo il più
facile e immediato guadagno derivato
dalla quantità.
Solo da alcuni
anni gli spumatiti si sono allineati sulla produzione
di qualità, ma per guadagnare una posizione di prestigio occorreranno ancora molti
anni..
Se è vero che
l’Italia ha raggiunto produzioni elevate di bottiglie esportate, ciò è dovuto al prezzo che è inferiore allo “champagne”, mentre il “sapore”, il “bouquet” maschio, (il Maestro
Veronelli, in una delle sue meditazioni, aveva parlato di profumo di “sperma” o se si vuole
“dell’ippocastano”). Insomma il “corpo”,
con tutte quelle che sono le caratteristiche dello “champagne”, non ancora lo raggiunge
nessuno spumante “metodo classico”.
Il segreto e la
differenza tra “champagne” e “spumate metodo classico” consiste nella cuveée, vale a dire nella miscela di almeno tre qualità
fondamentali di uve (pinot bianco, pinot meunier-grigio e fondamentale il pinot nero), ma anche di
annate diverse e dell’invecchiamento che per
i millesimati è di cinque anni, consentito
dalla forte acidità delle uve che sono raccolte quasi verdi. Gli spumantisti italiani come uve
usano fondamentalmente uve chardonnay.
I francesi per lo champagne usano
poi una base di lievito, detto “liqeur” costituito
da un concentrato di vino e zucchero (però non è proprio così semplice, usato
anche dagli spumantisti che lo importato direttamente
dalla Francia.
E’ questo il
motivo per il quale lo
“champagne” regge bene per un intero
pasto, con qualunque cibo lo si intenda accompagnare, mentre lo spumante è un
prodotto leggero.
E’ anche da dire che rispetto alle marche ben note di “champagne”, ve ne sono di qualità
superiore la cui produzione è sotto le
centomila bottiglie, e quando si arriva a bere qualcuna di queste bottiglie, si
beve “ambra degli dei”.
E’ da dire
inoltre, che i “disciplinari” francesi sono molto più
rigorosi di quelli italiani, e, tra le varie disposizioni, hanno quella di far “parlare” l’etichetta.
Dalle etichette
delle bottiglie di “champagne” infatti se ne legge
Accanto a queste
lettere appare un numero che corrisponde alla produzione delle bottiglie
nell’anno, ovviamente vi è indicata anche la zona di produzione. ….Questa, signori, è
“serietà”!
Anche per le varie
misure delle bottiglie sono stati i francesi a denominarle in base alla
grandezza…con nomi biblici!
Esse si misurano sulla base dei multipli (i sottomultipli sono
semplicemente quart,
demi e medium). Esclusa la prima di 7/10, e la “magnum”, corrispondente a due bottiglie (cioé a un litro e mezzo), le
successive sono: “Jeroboam” (corrispondente a quattro bottiglie,
pari a tre litri). Era funzionario di Salomone, che alla morte del suo re
s’impossessò del regno. Sotto di lui iniziò la secessione del regno d’Israele. “Roboam”
(otto bottiglie, pari a sei litri). Era figlio di Salomone, divise il regno
ereditato dal padre in regno d’Israele e regno di
Giuda. “Salmanassar”
(sedici bottiglie, pari a nove litri), re d’Assiria. “Balthasar”,
(diciotto bottiglie, pari a dodici litri), il suo nome era Daniele ed era capo
dei sacerdoti che praticavano la magia. “Nabucodonosor” (venti bottiglie, pari a quindici litri). Era re di Babilonia.
E questo,
signori, è prestigio (v. questa voce)!
Ed ora, una
considerazione!
Molte persone
danarose (v. voce “Arricchiti”), nei locali notturni ordinano una particolare
marca di “champagne” perché è la più
costosa. Costoro dimostrano semplicemente di non intendersene, di non avere
neanche gusto (quello “organolettico” che fa apprezzare una
marca anziché
un’ altra), e di non saper neanche spendere i propri soldi con intelligenza.
Non solo, ma
spesso neanche si accorgono che bevono normale vino
gasato, anziché quello delle costose marche ordinate. Infatti, ogni tanto si ha
notizia che la Guardia di Finanza,pone sotto sequestro
grandi quantità di bottiglie di “champagne
sofisticate”, offerte nei locali ai clienti come prodotto originale..
L’Italia è al
sesto posto al mondo (su un totale di 260milioni) di bottiglie) tra i
consumatori di “champagne”, quello
vero! Negli ultimi tempi (1996), causa le restrizioni economiche e la drastica riduzione delle spese, anche lo “champagne” aveva subito una contrazione
nei consumi, scendendo a 6.3oo milioni di bottiglie. Nel ’97 nonostante la
crisi economica e le “manovre fiscali”...
si è avuta una ripresa di oltre il 12%.
Inutile dire che
lo “champagne” è anche lo “status
symbol”» dei mafiosi (v. Pranzi). Quando avevano scovato e arrestato Enzo Brusca, nella sua cantina erano state trovate
diverse casse di “champagne”, mentre
il fratello Giovanni, più parsimonioso, collezionava orologi d’oro. Anche
quando scovarono il boss Enzo Piromalli (mar. '99) in un bunker nascosto da una baracca, con
i più sofisticati accorgimenti elettronici, trovarono una
buona scorta di “champagne”.
*) ricordiamo
che il sistema di aggiunta di mosto nel vino, durante
gli anni “quaranta” dello scorso secolo era utilizzato ampiamente dai
sofisticatori italiani per aumentare la gradazione del vino quando era bassa:
era comunque un sistema naturale; ora le sofisticazioni avvengono in ben altro
modo ndr).